Il futuro del giornalismo è già qui. Menti esperte e titolate vagliano il più ampio ventaglio di soluzioni, guardo a loro per annotare i miei appunti non definitivi (perché mi aspetto che evolvano nel tempo), ma molte delle risposte sono già evidenti nel presente più che nel futuro.
Innanzi tutto mi sono fatta questa idea: il futuro del giornalismo non è sospeso in un limbo, alcune linee hanno fissato in maniera chiara la strada che stiamo percorrendo, benché tutte le strade hanno deviazioni inaspettate che ne modificano il percorso.
Mi è piaciuto il semplice e chiaro video di factanza #Telospiega Virginia Stagni: il futuro del giornalismo.
Virginia Stagni è Business Developer Manager del Financial Times. Ha una bella storia di occasioni colte al volo. Giovane, laurea alla Bocconi e la giusta intraprendenza per ciò che ama l’hanno spinta verso Londra. Ha chiesto e ottenuto con naturalezza.
Partiamo da una frase di Virginia che è un dato di fatto condivisibile:
“il giornalismo di qualità non potrà mai essere rimpiazzato da nessun algoritmo”.
Benché ce lo diciamo spesso, non gli diamo abbastanza fiducia quando, invece, è proprio un atto di fede verso il giornalismo di qualità e la sua insostituibilità a costituire il dogma su cui si basa il futuro del giornalismo. L’unico.
6 punti chiari sul futuro del giornalismo
Meno di dieci minuti per capire le cose basilari che in fondo già sappiamo e che Virginia Stagni spiega benissimo.
- audience first;
- advertising coerente con l’immagine del brand;
- approccio innovativo al mondo della leadership e del business;
- la mission del giornalismo, ovvero la ricerca della verità;
- la preparazione del giornalista non più solo editor.
Appunti sul futuro del giornalismo
Il futuro del giornalismo è nei suoi antichi pilastri. Quello che cambia è il supporto e il modello di business. Editori = media company. Giornali = brand. Contenuto fluido.
Continuiamo a guardare al sistema e non al cuore. Come accade ogni volta che le sovrastrutture diventano pesanti, bisogna cominciare a togliere, a smontare a far respirare e riscoprire il nocciolo.
La community era e resta il focus. La moltiplicazione dei supporti ci porta a pensare sempre di più alla centralità del contenuto. Il vecchio slogan, abusato e vero: Content is the King.
Smontando le sovrastrutture rischiamo di perdere pezzi anche positivi del giornalismo che abbiamo costruito finora. Una perdita inevitabile, ma in questo la capacità di innovare e innovarsi, di staccarsi dal porto e navigare con pochi, fondamentali punti fermi del giornalismo ci aiutano a ridurre le perdite buone.
Pensiamoci: qual è il giornalismo che piace di più adesso? Lo slow journalism, il constructive journalism. Un giornalismo che non guadagna tanto, ma con potenziale di crescita.
L’editoria (forse) non è più l’industria che cresce arricchendosi, dobbiamo accettare che per ora proceda lentamente.
Oggi sembra che devi anche schermirti dal fatto di essere giornalisti, sono orgogliosa di esserlo, ma non faccio giornalismo nella maniera classica. Ugualmente non potrei fare il mio lavoro come lo sto facendo se non avessi questa formazione.
Fanno dell’ottima informazione realtà digital come Factanza. Ma non è nuova questa cosa che del buon giornalismo lo fanno realtà che non sono giornalistiche in senso canonico. Al netto delle critiche e del modo poco ortodosso di fare informazione, facevano giornalismo senza essere realtà giornalistiche trent’anni fa e vent’anni fa “Striscia la Notizie” e “Le Iene”.
Le persone, spiega bene Stagni, non sono lettori oggi, ma users ovvero utilizzatori del contenuto. Con il contenuto ci fanno cose non più solo leggere.
Resta il tema fondamentale che i giornali non devono competere con gli altri giornali, ma con l’attenzione delle persone.
“Le logiche di volume non rendono più sostenibile il modello di business”, pensiero che condivido.
Davvero a me non sembra grigio il futuro del giornalismo, è in evoluzione costante. Internet più della televisione ha creato il cortocircuito perché è una rete, un mondo più ampio da abitare. Ma di nuovo d’accordo con la Stagni, tolto ciò che non funziona, vecchi modelli e vecchie mentalità, il giornalismo oggi deve mantenere 3 pilastri solidi:
Fiducia/ Credibilità/ Adattabilità all’audience.
Da qui si può costruire tutto, con l’audacia anche di sbagliare. Il vero errore è sottovalutare questi tre principi perché a furia di ripeterli nell’ambiente perdono di significato e i grandi pensatori che devono pensare a fare soldi si convicono che la strategia sia una formula diversa, diventata difficile d’acchiappare. Perché fiducia e credibilità sembrano troppo scontate, troppo antiche, ma abbattendo tutto il superfluo costruito negli anni non resta che questo. Basta vedere le piccole realtà che decidono di creare contenuti, o i giovani che devono trovare risposte e ci riescono partono da qui, perché per loro sono concetti nuovi e non affatto scontati.
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