Abbiamo sempre qualcosa di più urgente da sostenere rispetto all’arte e agli artisti, e non si può fare altrimenti di fronte alle problematiche economiche degli ultimi anni dal 2020 a oggi: dicono che il peggio deve ancora venire.
Eppure, ci sono paesi che degli artisti non si scordano riconoscendone il ruolo sociale. Da inizio anno l’Irlanda ha promosso un progetto che sostiene gli artisti e gli operatori culturali con l’introduzione di un reddito di base, ottenuto stanziando 25 milioni di euro. Il modello di riferimento è il progetto pilota di San Francisco che nel 2021 ha stanziato un reddito di base di circa mille dollari al mese a oltre un centinaio d’artisti scelti in modo casuale. L’obiettivo è aiutare chi lavora nel settore notoriamente ed estremamente precario, senza regolamentazioni, né idee su come vivere e finanziare gli artisti aldilà dei grossi nomi, delle potenti Fondazioni che pure fanno un grande lavoro di divulgazione.
L’arte è uno dei principali settori dove il mecenatismo è il motore che muove le cose importanti, si fa arte solo se circolano grosse cifre e se si possono generare grosse cifre. D’altronde storicamente è sempre stato così: le grandi famiglie reali ed aristocratiche finanziavano l’arte. Ma almeno sapevano quale prestigio e quale evoluzione portasse alle loro corti.
Finaziamenti agli artisti all’estero
Con la pandemia l’inconsistenza del sistema di sostegno all’arte e agli artisti si è vista in tutta la sua verità. Molti paesi hanno proposto soluzioni per sostenere e finanziare l’arte, gli artisti e la cultura in generale. Il motivo per cui questo debba essere fatto lo spiegano bene le parole del primo ministro canadese Justin Trudeau quando ha introdotto il progetto di finanziamento canadese, circa 60 milioni di dollari, per arte, cultura e sport: “In questo momento abbiamo bisogno delle arti più che mai. Quando riflettiamo su questa crisi, il Canada deve sentirsi orgoglioso di come ci siamo uniti come nazione. Il Canada è leader globale nei diritti umani e nella tolleranza; abbiamo bisogno che gli artisti continuino a esprimere e a esplorare questa parte delle nostre identità e pluralità per aiutare il Paese a unirsi e guarire”.
Anche senza stipendio servirebbero degli incentivi. Portare di più l’arte a contatto con la gente, in modo che non venga percepita come un passatempo del bimbo che tiene su il foglio, un pennarello e dei colori innocui. L’arte ha una funzione a volte scomoda perché è di denuncia. L’arte ti fa venire voglia di pensare con la tua testa. Tutta l’arte, dalla letteratura alla pittura e ogni altra forma d’espressione utile alla società. È la nostra fase del pensiero. E non incentivarla quanto necessario, non vedere il ruolo di coscienza che esercita, significa impoverirsi e perdere l’occasione di evolvere.
Ci sono due piani dell’arte, quella estetica del bello e dell’intrattenimento, e quello di pensiero e riflessione, spesso provocazione, ma non fine a sé stessa. Va incentivata quest’arte, tutti dovrebbero vederla, nei musei come nelle gallerie, sui libri, per le strade.
Paesi come il Belgio o la Norvegia hanno ormai consolidate realtà come stipendi e sindacati per gli artisti. Insomma, l’artista non è visto come un lavoro al di fuori della società ma dentro, fa parte del tessuto sociale. Non vederlo come un lavoro, o un’attività solo per chi può permetterselo è un impoverimento culturale e sociale. Molti artisti, in Italia, scelgono di insegnare come alternativa perché è un lavoro riconosciuto e permette loro di proseguire la ricerca.
La funzione dell’arte
Lo dico, senza temere di essere fuori tema, ma accanto al bonus psicologo, il cui finanziamento è pressoché insufficiente per le domande di richiesta, l’arte può avere una grande valenza nell’indagare i nostri disagi e nell’offrire una visione. Provate a farvi trascinare da un’opera d’arte senza neanche capirla, ma accogliendo le sensazioni che suscita. Troppe città piccole non hanno musei, né gallerie, né luoghi sperimentali per evitare che gli artisti si trasferiscano all’estero per portare avanti la propria ricerca. Perché questo fanno gli artisti: ricerca. Una delle attività che da noi, anche in ambiti diversi dall’arte, non ha molto sostegno.
Oltre che all’estero, da noi stanno crescendo sempre di più le residenze d’artista. A gennaio del 2022 è nata STARE, un coordinamento di una decina di residenze d’artista in tutta Italia che vuole fare sistema per portare fuori dalle grandi città (ricche e per fortuna di musei, gallerie e iniziative), l’arte sul territorio nazionale da nord a sud e farla entrare nella vita di tutti.
Uno dei miei libri preferiti, che cito spesso, ma che rileggo anche spesso, L’arte come terapia di Alain De Botton e John Amstrong mi riporta sempre a questa verità:
“Come altri strumenti, anche l’arte ha il potere di estendere le nostre capacità aldilà della nostra naturale dotazione. L’arte compensa certe nostre debolezze innate, in questo caso della mente e non del corpo, debolezze che possiamo definire fragilità psicologiche. […] Lo strumento è un prolungamento del corpo che permette di realizzare un desiderio, ed è necessario per sopperire a un difetto della nostra costituzione fisica. Il coltello è la risposta alla nostra esigenza, nonché incapacità, di tagliare. La bottiglia è la risposta alla nostra esigenza, nonché incapacità, di trasportare l’acqua. Per individuare lo scopo dell’arte dobbiamo chiederci che cosa ci risulta difficile fare con la mente e le emozioni”.
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