“Quali soldi fanno la felicità”, già dal titolo del suo ultimo saggio edito da Feltrinelli, Annalisa Monfreda ci fa capire come stanno le cose: i soldi non danno la felicità semmai la fanno, ma quali? A partire da questa, seguono altre domande a cui Annalisa intende dare risposte disseminate lungo tutto il saggio. E forse non sono risposte definitive, ma un punto di partenza perché come accade per tutti i libri, anche questo avrà la risposta che si merita in base al lettore che ne saprà trarre il proprio valore.
“Perché nascono i soldi?”, “Quanto ci condiziona la nostra storia familiare nel rapporto con i soldi?”, “Perché le donne vengono pagate meno degli uomini?”, “Quanto denaro è abbastanza per essere felici?”. Rispondendo a queste domande con ricerche, studi, riflessioni personali, storie, Annalisa introduce alcune interferenze che sono le centinaia di persone che hanno deciso di raccontarle il proprio rapporto con il denaro e, così facendo, contribuiscono insieme all’autrice a rompere un tabù lungo secoli. Un tabù che, quasi certamente, cadendo in mille pezzi potrebbe migliorare il rapporto della società con il denaro.
I soldi fanno (non danno)
Dal momento che si presuppone un’azione – i soldi fanno la felicità (?) – vale la pena sottolineare che i soldi non hanno potere al di fuori di noi, ma ce l’hanno in relazione a noi e nella relazione con noi: il modo in cui pensiamo, agiamo e reagiamo ha un’importanza fondamentale.
Scrive Annalisa, “Navighiamo da secoli dentro uno schema che legittima l’arricchimento personale e colpevolizza la miseria”, come se avere meno disponibilità di denaro sia un’onta, dimenticando che non c’è uguaglianza nella distribuzione delle ricchezze e che, se c’è chi da povero si arricchisce, è molto più diffusa la condizione di chi può migliorare rispetto alla condizione di partenza ma non stravolgerla. Il mondo è pieno di storie di improvvisi arricchimenti e di altrettante perdite, ma questo non attribuisce un valore positivo o negativo alle persone protagoniste di queste storie.
Migliorare la propria storia con i soldi
Questo libro è terapeutico e liberatorio perché ci fa fare i conti con la nostra storia personale, quella familiare e infine sociale: ci fa capire che giusto o sbagliato che sia il rapporto che abbiamo con il denaro, esso nasce da qualcosa di complesso. E, ovviamente, il cambiamento è possibile non solo quando si prende consapevolezza di questo ingarbugliato intreccio che ciascuno di noi ha con i soldi, ma quando scegliamo di costruire un rapporto personale, sulla base delle nostre specifiche esigenze. E allora lì ognuno di noi sa dare la sua risposta alla domanda “Quali soldi fanno la felicità?”.
Non esiste una ricetta unica per tutti, ma scrive Monfreda: “[…] il primo passo per costruire una relazione consapevole con i soldi, smettendola di sentirsi determinati da essi, è ‘confessare a noi stessi la verità sulla nostra storia e ascoltare i sentimenti che suscitano in noi’. […] Il che significa accettare e innamorarsi della propria storia”.
Il divario tra uomo e donna a proposito di soldi
Nel tracciare la storia del denaro, della considerazione che l’umanità ha dei soldi, ci si imbatte nel grande divario salariare tra uomo e donna. Quanto costa essere una donna, si chiede l’autrice. Perché ogni donna sa di essere pagata meno del collega maschio. Ogni donna sa, che non tutte le donne riescono ad accedere all’indipendenza economica che le fa uscire da situazioni complesse, difficili, a volte di violenza. E si scopre che il lavoro delle donne è pagato meno da secoli, il divario lo si fa risalire al 3000 a.C: non sarà così semplice colmarlo, ma non si può più negare l’enorme differenza che penalizza le donne.
I soldi rendono possibile il futuro
“Come spendiamo i nostri soldi” è l’ultimo capitolo di questo saggio: ci mette di fronte alla grande triangolazione tra noi, i soldi e la cultura nella quale siamo cresciuti come individui e collettivamente. Più o meno creativamente, ognuno su questo triangolo ci ha costruito le possibilità di vita, quello che ci permettiamo o non ci permettiamo di fare. Negli appunti che ho segnato leggendo le illuminanti riflessioni di Annalisa mi sono scritta “io mi do il permesso”, di spendere i soldi, accumularli, usarli come strumento per me.
Conclude Annalisa Monfreda: “Parlare di soldi è lo strumento che abbiamo per divenire ‘cittadini economici attivi’, per usare un’espressione di Chang, ovvero persone che fanno discendere le proprie scelte di consumo, lavoro, risparmio, investimento di vita dal loro set di valori, e non da astratte leggi economiche assurte a scienza. Parlare di soldi è il modo che abbiamo per rendere obsoleto il modello dentro al quale indugiamo da diversi secoli. Parlare di soldi è lo strumento per far sì che essi diventino un repertorio di futuri possibili non solo per noi, ma anche per il pianeta”.
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